Enpowerment | Quando il mondo è nelle "tue" mani

“Non smetteremo mai di esplorare e alla fine di tutto il nostro esplorare
ritorneremo al punto dal quale siamo partiti
e così conosceremo quel posto per la prima volta”
.
(T.S. Eliot)

Attimo dopo attimo, giorno dopo giorno, ogni essere umano costruisce la propria personalità con il vivere la personale esistenza, cadendo e rialzandosi. Il “cucciolo dell’uomo”, non è solo, esso cresce e convive con persone che relazionandosi con lui gli permettono di comprendere e di sperimentare “l’unicità” della sua persona.

La vita è il bene più prezioso che una madre e un padre donano al proprio figlio, ma il vivere non si esaurisce con il “dono” ricevuto.

Il “cucciolo dell’uomo” sin dai primi vagiti, fa capire agli adulti che lo accudiscono, i propri bisogni, esprime i sentimenti e le emozioni che vive. Più tardi si appropria lentamente di altri linguaggi ed impara a dire ciò che pensa e che desidera. Infine scopre che può pensare cose nuove, modificare il mondo che lo circonda, creare universi, storie, oggetti, case e palazzi, strumenti e macchine utili per alleviare la fatica quotidiana.

La vita è una gara strana, particolare. Ciascun essere umano ha la possibilità di vincerla e vale la pena giocarla sino in fondo. È uno strano gioco il “vivere”, perché non si vince quando gli altri perdono, ma è possibile raggiungere la “vittoria”, il successo, solo con gli altri e grazie agli altri. Ogni uomo può riuscire o può perdere. La vita, è un grande gioco di squadra. Ascoltare, vedere, gustare, toccare, pensare, fantasticare, amare sono i doni che rendono ricca la persona. “Persone realizzate” sono le donne e gli uomini che non giocano ed essere diversi da ciò che sono, non hanno paura di mostrare il proprio “volto”, che non si nascondono dietro una maschera, perché sanno che “amare” è diverso che agire come se si amasse, perché conoscono la differenza che c’è tra “essere onesti” e sembrare onesti, tra essere “intelligenti” e sembrare intelligenti.

Le persone autentiche si relazionano con gli altri e con se stesse con un atteggiamento di attenzione e di cura, esprimendo l’originale e l’irripetibile personalità, solo così possono apprezzare e valorizzare la propria e altrui identità. “Perdente”, in fondo, è chi rimane solo. L’inquieta solitudine non permette alla persona di reagire alle intemperie della vita. Chi si lascia andare affida ad altri le sorti della propria esistenza, preferisce perdere “potere”. Per questo l’autenticità e la credibilità, la sensibilità e la genuinità, la socialità e la partecipazione alla vita collettiva sono “valori” o meglio “indicatori” che divengono fondamentali per orientare e dirigere la vita di ciascuno. Si tratta di scoprire la forza “morale” che ogni persona possiede, di identificare i problemi più importanti che ostacolano il percorso di crescita. Non è sufficiente interpretare il proprio vissuto, i valori, le risorse che si possiedono. Non basta identificare le migliori strategie, efficienti ed efficaci, che conducono allo sviluppo delle potenzialità. Si tratta piuttosto di migliorare le capacità che sono possedute dalla persona al fine di raggiungere i risultati desiderati, senza lasciarsi scoraggiare dagli obiettivi non raggiunti, utilizzando gli errori come opportunità di miglioramento continuo.


Nelle tue mani è il “potere”

La parola “potere” evoca immagini ed emozioni, non sempre e non tutte positive. Comunemente le persone associano a questa parola significati piuttosto negativi. Ma cos’è il potere se non la possibilità o capacità di indurre qualcuno/a a fare (o a non fare) qualcosa, anche con la minaccia della forza? Solo quando si utilizza la forza si “costringe”, e non si “induce”, a fare (o a non fare). Non sarà forse l’associazione “potere – forza” che ci fa percepire questo termine come negativo. Ma il potere è sempre negativo? Non è una domanda retorica o ambigua, perché non solo richiama i poli di una relazione, ma piuttosto possiede la capacità di richiamare due “dimensioni” ben distinte: il potere “subito” – il potere “esercitato”.

Subire” il potere vuol dire lasciarsi condurre e richiama l’obbedienza. “Esercitare” il potere significa influenzare ed orientare, esercitare il controllo per raggiungere degli obiettivi. Può accadere che i due poli e le due dimensioni (il “subire” e “l’esercitare”) coincidano nella stessa persona, in questo caso la persona potenzia (o depotenzia, impoverendo) la propria vita, esercitando un controllo, il più possibile efficace, sugli avvenimenti così da poterla orientare verso obiettivi personali. Proviamo per un attimo a pensare all’influenza positiva (o negativa) che è possibile esercitare sulla vita personale (sulla propria esistenza) e sulle relazioni quotidiane in famiglia o sul posto di lavoro.

Il “potere” può essere interpretato come “possibilità di…” essere, fare, agire, conoscersi e conoscere. Non è mai un fine, ma uno strumento, è a servizio di una visione personale o collettiva della vita e dell’esistenza. Questa capacità di “indurre” se stessi o il proprio gruppo “a far qualcosa” può accrescere le possibilità di vita e di benessere, e permette di percorrere strade che a prima vista sembrano precluse. È uno strumento che possediamo, che è possibile utilizzare, per identificare, valorizzare e cogliere i doni e le capacità orientando la persona verso una meta.

È la consapevolezza d’avere la “possibilità di…” che permette di rispondere, attingendo alle proprie energie, alle “sorprese” (piacevoli o dolorose) che la “vita” regala a ciascuno, che da la forza e la capacità di sostare nella relazione con un atteggiamento di attesa, che aiuta a portare al limite le risorse e le energie, per crescere e sviluppare le capacità che possiede ed andare anche oltre. Essere consapevoli di avere la “possibilità di…” vuol dire assumersi le proprie responsabilità, significa saper affrontare gli ostacoli, saper inventare la propria vita e plasmare il proprio destino in modo da raggiungere il massimo benessere... possibile. La semplice accettazione di responsabilità non significa che si possano impedire gli atti di discriminazione o di emarginazione; però nasce la consapevolezza che si può scegliere di reagire alle ingiustizie e alle dinamiche di emarginazione.


Empowerment

La parola “empowrement” è inglese e non ha, nella lingua italiana, una parola corrispettiva capace di tradurla correttamente. È un concetto che pone la “persona” al centro di un lento “percorso” e di un “processo” di crescita delle capacità e delle competenze. Sta ad indicare il processo di “potenziamento” o “l’accrescimento” delle possibilità di sviluppo dei doni e delle “ricchezze”, possedute da una “persona” sia essa integrata in un contesto familiare e lavorativo o emarginata e “de – potenziata”. Tale percorso o processo può essere svolto anche da un gruppo sociale escluso o da una comunità oppressa. Empowerment è, essenzialmente, un percorso di “liberazione” che coinvolge, in primo luogo, chi non è capace di “governare o orientare” la propria vita perché non sa controllare gli eventi e gli accadimenti, dai quali si sente in qualche modo soffocato.

È un cammino che nasce da un “modo d’essere” della persona, del gruppo, della comunità. Interessa dunque sia l’ambito politico (diritti umani o delle donne), psicologico – personale (autostima e senso d’efficacia e la qualità della relazione con gli altri), lavorativo (sviluppo delle risorse umane) ed infine di percepire l’ambiente nel quale ciascuno vive.


(fine prima parte)