Sei il vero valore nell’economia della conoscenza: tra "professione" e "professionalità"

L’età conta solo quando uno sta invecchiando.
Ora che sono arrivato a una veneranda età,
potrei benissimo avere vent’anni”.
(Pablo Picasso)

La velocità è il cuore del nostro tempo. Oggi le trasformazioni, in ogni ambito della vita quotidiana, generate dalle nuove tecnologie sono così rapide da far sembrare superate ed obsolete alcune professionalità e molte competenze acquisite nel tempo da chi lavora ed ha maturato abilità professionali con l’esperienza. Il transito delle principali attività economiche: dalla “geografia” al “cyber spazio”; è motivo di questa accelerazione sia nell’ambito del lavoro, sia negli altri contesti di vita.

La vecchia economia (old economy) e le vecchie professioni non sono scomparse, ma sta nascendo un modo nuovo di produrre beni e servizi (new economy). Il “valore” è nel “servizio” e nelle “conoscenze”, entrambi sono beni immateriali. Nell’economia che si è sviluppata sin ora - nello “spazio delle merci” - : la proprietà coincideva con il possesso dei beni. Nell’economia di rete - nello spazio del sapere - troviamo il diritto di accesso alle banche dati. I dati, le informazioni, le conoscenze, sono, oggi, la vera materia prima, sono beni “non materiali”. La rivoluzione informatica, che è sotto gli occhi di tutti, ne è un esempio: i dati, le informazioni e le conoscenze sono la materia prima e non più soltanto le merci, o i prodotti legati alla terra (agricoltura e allevamento).

Il “sapere”, è il principale “bene economico”. Nello spazio del sapere “l’apprendimento” - l’elaborazione delle conoscenze, è il principio guida, che viene prima di ogni ragionamento economico. Scrive Jeremy Rifkin: “La cultura viene prima, è l’istituzione principale. È solo quando abbiamo creato la lingua, valori condivisi, intimità ed empatia, e quando questo capitale sociale è ben sviluppato, che possiamo creare il commercio, stabilire mercati e costituire un governo…“.


Quali competenze professionali per l’economia della conoscenza?

Una professione nasce e matura sempre come risposta ad un bisogno sociale, all’interno di un contesto storico ed economico. La professione è la responsabilità che viene riconosciuta dalla società, ad una persona, quando essa esercita con competenza, un ruolo, un compito, un servizio o una funzione, e per questo motivo che viene retribuita. Il lavoro (le professioni) muta con il trascorrere del tempo perché i bisogni e le esigenze delle persone e delle collettività si trasformano creando nuove opportunità occupazionali tralasciandone altre, che si ritengono superate ed obsolete.

Le professioni nascono e muoiono, ma la professionalità, cioè il modo di interpretare, vivere, sentire la “professione”, resta. La professionalità è l’interpretazione del ruolo, l’esercizio concreto del compito, la realizzazione piena e attenta della funzione. Inoltre è l’ambito nel quale, la persona, può crescere e consolidarsi, può conoscersi meglio e realizzarsi, anche grazie all’aumento di conoscenze e abilità acquisite che nel tempo vengono acquisite.


Una definizione di professione

Le nuove e le vecchie professioni nascono in base ad una esigenza sociale e ad un’interpretazione dello sviluppo di un contesto sociale e dei rapporti tra le persone.

Tutte le professioni:

Quando parliamo di “professione” intendiamo tutto questo è vero, ma c’è ancora dell’altro. La responsabilità, le capacità comunicative e relazionali, le competenze tecniche e la capacità di mediare, progettare, decidere sono – oggi competenze utili – e parte integranti di una “professione”. Inoltre, la persona che esercita una professione, come lavoratore o lavoratrice, come dipendente o manager, come libero professionista o collaboratore, è inserita “sempre” all’interno di un contesto organizzativo (azienda, ufficio, fabbrica, ordine professionale…). Nella vita di tutti i giorni, nel cuore, nelle mani e nella testa, degli uomini e delle donne, la professione diventa “professionalità”.


La professionalità è “come” vivo la professione

Il contesto sociale ed economico nel quale siamo oggi inseriti è sempre più complesso ed interdipendente ed è necessario valutare e assumere decisioni che hanno degli effetti nel tempo. Già abbiamo detto che siamo dentro una società esprime una forte domanda sociale per il lavoro e che richiede innovazione continua. Coloro che lavorano nello “spazio del sapere” sono i “know – net – workers”: “lavoratori della conoscenza”. Chi sono e cosa fanno i lavoratori della conoscenza? I nuovi professionisti che gestiscono i dati, ed elaborano conoscenze, integrano e combinano fra loro le informazioni e generano così innovazione. Il segreto è nel “mettere insieme” e “non nel separare”. Coloro che gestiscono la conoscenza “progettano aziende” con l’obiettivo di farle diventare comunità che si curano dello sviluppo delle qualità umane nelle persone, generano d’apprendimento continuo creando organizzazioni efficaci ed efficienti così da essere veramente innovative.

Ma tutto questo non basta, o meglio non è più sufficiente. C’è bisogno di avere una buona visione di Sé e di scoprire la missione da assolvere. Una professionalità inizia a maturare quando si è proiettati nel tempo con un compito particolare da realizzare. Ma com’è possibile interpretare bene il ruolo professionale? Con il cuore e non solo con la testa!

È il contesto lavorativo che fa crescere le persone e la professionalità negli individui. Al cuore appartiene la visione della propria vita e la scoperta del compito da assolvere, anche attraverso il proprio lavoro dal più umile a quello di maggiore responsabilità. Un professionista interpreta bene la propria professione quando è padrone di se, conosce bene i diversi aspetti e problematiche del lavoro, ha la capacità di entrare in empatia con gli altri colleghi e suoi collaboratori. Il segreto di una vita ben riuscita è tutta qua, nella scoperta della propria vocazione.


La creatività al lavoro

La vita di tutti i giorni è un banco di prova per risolvere i problemi e prendere decisioni. Per risolvere problemi e per prendere decisioni c’è bisogno di “creatività”. Un professionista quand’è esperto della materia, quando è stato abituato a trovare soluzioni innovative ai problemi che incontra e quando ha passione per il proprio lavoro, allora diviene creativo. La creatività è il segreto del lavoratore che “gestisce in modo innovativo” le informazione che possiede generando “nuova” conoscenza, nuove relazioni, nuovi sviluppi. La creatività è molto importante nella vita di tutti i giorni, se sei creativo sperimenti modi diversi di fare le stesse cose, mettendo nel conto gli errori. Albert Einstein amava dire: “Una persona che non abbia mai commesso un errore non ha mai cercato di fare qualcosa di nuovo”.

Il lavoro ha bisogno di creatività, di vocazioni. Oggi è chiesto a tutti di studiare per “creare” lavoro e non per cercarlo! Il lavoro non si cerca, si inventa entrando nel flusso dei dati, delle informazioni, del sapere. A tutti è chiesto di realizzarsi nel lavoro per far emergere le attitudini, i carismi, le doti, le qualità che si possiedono, in altre parole la propria vocazione. Il lavoro è acquisire conoscenze ed esperienze utili non tanto come persone competenti che svolgono una professione, ma come persone che interpretano la propria vocazione, la propria missione.