50 anni dopo, Lorenzo Milani

Sono trascorsi alcuni decenni dalla pubblicazione del libro "Lettera ad una professoressa" testo in cui don Milani e i suoi ragazzi raccontavano della vita nella scuola di Barbiana. Quell'esperienza e' terminata con la morte di don Lorenzo, cinquanta anni fa, ma è ancora viva nella memoria di molti italiani e gli effetti di quel laboratorio creativo e culturale sono tutt'oggi tangibili nelle istituzioni scolastiche. E' infatti, soprattutto dopo la sua morte, che il Priore ha fatto sentire la sua voce.

Figura tra le più significative del secondo dopoguerra italiano ed in particolare degli anni sessanta. Il suo pensiero e l’attività di “maestro”, tra le montagne del Mugello hanno avuto un forte impatto sulle vicende politiche (e non solo di politica scolastica) del nostro Paese.

Con queste pagine si intende ricordare il pensiero e la prassi educativa di Don Milani e il senso della sua esperienza pedagogica. Soprattutto si vuole ritornare al cuore del suo messaggio, ben diverso da quello del “donmilanismo” di buona maniera che ne ha tradito la memoria.



Il privilegio

Non  possibile capire don Milani se non si parte dalla sua infanzia e adolescenza: da Lorenzo Milani Comparetti, e gli anni del privilegio. Nasce in una delle famiglie più in vista della Firenze di fine ottocento: i Milani Comparetti, intellettuali laici e borghesi.

Il padre Adriano, laureato in chimica. Il nonno paterno Luigi Adriano Milani, archeologo di fama internazionale, Lorenzo cresce in un contesto “sovrabbondante” di cultura e di privilegi.

I suoi compagni di giochi e di teatro, gli amici delle vacanze estive, sono Giovanni Spadolini (primo Presidente del Consiglio non democristiano), i figli di Adriano Olivetti (Imprenditore illuminato) e i nipoti di Luigi Pirandello. Nelle sere d’estate i fanciulli di queste famiglie agiate mettevano in scena spettacoli teatrali e tra gli spettatori c’era i loro genitori e parenti i Pirandello e gli Olivetti. E' quest'ambiente ricco di opportunità, di cultura e di relazioni che segna l’infanzia e l’adolescenza del piccolo Lorenzo, del Signorino Milani, il quale gioca anche con i "figli" dei contadini e dei servitori delle ville estive di Castiglioncello.

La sensibilità e la buona coscienza di Lorenzo vengono sollecitate e messe alla prova dalla vicinanza che lui sente con i non privilegiati, verso i quali sente di essere debitore.

Gli anni a Firenze, Trieste,  e Milano

Alice Weiss e' la madre. Ebrea, nata a Trieste, di cultura cosmopolita.  Cugina di Edoardo Weiss, unico allievo italiano di Sigmund Freud. Amica personale di James Joyce che sarà professore di inglese del piccolo Lorenzo. Il nonno materno, Emilio Weiss, commerciante ebreo, era amico di Italo Svevo. 

I genitori di Lorenzo si dichiarano entrambi agnostici e anticlericali (si erano sposati con rito civile) e intessono rapporti di amicizia con altre famiglie di cultura laica di Firenze come gli Olschki, i Valori, i Pavolini, i Castelnuovo Tedesco, gli Spadolini. Lorenzo e i suoi due fratelli, dunque, vissero in un clima agiato, estremamente vivace dal punto di vista intellettuale e aperto alla cultura europea. Queste radici collocano Lorenzo tra gli intellettuali di respiro europeo.

Per i primi sette anni, vive a Firenze, poi si trasferisce, negli anni trenta, con i genitori a Milano e rimane a vivere nel capoluogo lombardo fino a qualche anno dopo la maturità liceale, poi di nuovo a Firenze. Sono gli anni della marcia su Roma dell’avvento del Fascismo. L’Italia è ormai in guerra.


Il debito

Lorenzo comprende, sin da subito, che la sua condizione di privilegiato si è sostenuta grazie al lavoro e al sacrificio dei contadini che lavoravano per suo padre. Dice infatti: "Un contadino ha lavorato dieci, venti, talvolta duecento anni, trecento anni su una terra e ha vissuto magrissimamente perche' in tutti quegli anni ha fatto vivere, non solo vivere ma studiare, il nonno del padrone, poi il padre e poi il signorino". Il Signorino e' Lui stesso che si riconosce debitore nei confronti di quegli uomini.

Nelle giornate estive a Castiglioncello, il “Signorino Milani”, si rifiutava, infatti, di fare merenda se anche i suoi compagni di gioco non avessero avuto “pane bianco e prosciutto”.  Lorenzo si faceva dare i soldi per curare i ragazzi, suoi amici di gioco, poveri figli di contadini e governanti. Da piccolo Lorenzo lasciava le sue scarpe in casa e indossava calzature che lui stesso creava con i pezzi di pneumatici e corde, simili a quelle dei suoi amici contadini. 

Per Lorenzo Milani il “debito” è una questione prima morale, poi sociale ed infine politica e su questo debito fonda tutta la sua "vocazione sacerdotale". La scuola è il modo per risarcire quei poveri che avevano consentito a lui di studiare. 

Ha chiara la "visione": da subito coglie il valore della "Parola" prima del "Pane". La parola, quel bene prezioso ed inesauribile che lui possedeva. La scuola e' il modo per condividere il dono della cultura. La sua “coscienza borghese” inquieta e sensibile diviene capace di interrogarsi davanti al volto del povero e diventa azione. In Milani l’inquietudine non era fine a se stessa, esercitava anche il desiderio di azioni, piccole, ma significative. Vedeva, nelle storie di vita dei contadini, delle donne di servizio e degli amici, “relazioni ed interdipendenze” che erano da subito interpretate come relazioni "sociali" ed "economiche" dove c'è un “dare” e un “avere”, o meglio… un dare senza avere nulla in cambio se non maggiore povertà ed esclusione: "Dare" e “non avere” pane bianco a tavola!


La fine è un pò l'inizio

Tutta la sua vita sarà una “tensione alta e continua” volta a “risarcire” i poveri. L'Assoluto che cerca lo ha già incontrato nei poveri. Lorenzo matura la possibilità di vivere una "vita autentica" nell'affidarsi a quel "Dio" liberatore e a quel "verbo" che ama più di se stesso. Scrive: “La carità è un debito da pagare”.

La scuola è lo strumento immediato, coerente e congruente che utilizza per condividere se stesso e il suo "sapere". Tutta sua vita sarà un risarcire i poveri dalla privazione della Parola, dell’unico bene che permette la difesa della propria dignità e l'accesso alla Salvezza: la parola che fa uguali, perché dà il potere di “intendere e di farsi intendere”.

Come vedremo Milani non distingue tra la Parola "sacra" dalla Parola "profana".

 


_ Prima Parte_

Luca Utili